[DRAMMATURGIA]
Giovanna Scardoni
[REGIA]
Stefano Scherini
[CON]
Nicola Ciaffoni
Giovanna Scardoni
Stefano Scherini
[LUCI]
Anna Merlo
Nicolò Pozzerle
[SCENE]
Gregorio Zurla
[COSTUMI]
Elena Rossi
[MUSICHE]
Zeno Baldi
LO SPETTACOLO
Nel poema di Virgilio, Enea, dopo aver assistito alla distruzione della propria città, è costretto dal fato a compiere un viaggio per la ri–fondazione di una nuova Troia. Non è un caso che le coste del Lazio siano, oltre allo scenario che vedrà nascere Roma, anche la mitologica culla della stirpe troiana.
Come a dire quindi che l‘identità di un nuovo popolo non può prescindere dalla conoscenza della proprie radici e da quella del proprio passato
Enea, nello spettacolo, compie innanzitutto un viaggio fisico, per mare, il viaggio di un profugo di guerra le cui caratteristiche consentono di sovrapporre l‘odissea dell‘eroe troiano alle centinaia che affollano la nostra cronaca. La tradizione romana assegna quindi il ruolo di predestinato alla fondazione della propria civiltà ad un uomo che, pur avendo dentro di sé una parte di DNA divino, è un uomo comune, sconfitto, sfortunato, pieno di dubbi e incertezze. Le numerose perdite e tragedie che quest‘uomo vive durante il tracciato di Eneide contribuiscono alla presa di coscienza della sua identità e, di conseguenza, per i lettori contemporanei di Virgilio, alla presa di coscienza che il popolo di Roma ha di sé.
Cosa ci impedisce dunque di pensare, sulla scorta di Virgilio, che un uomo con le stesse caratteristiche di Enea – straniero, profugo, sommerso – possa oggi essere veicolo di un bagaglio culturale degno di un impero come quello romano? E se Roma ha voluto accogliere dall‘estero, dal paese di origine del profugo Enea, una cultura diversa, straniera e porla a fondamento della propria civiltà, cosa ci vieta, spingendo tale ragionamento al suo limite estremo, di pensare che sia addirittura possibile la stessa cosa con i migranti che ci raggiungono? L‘eroe troiano compie un secondo viaggio, metaforico: una discesa agli inferi che è metonimia dell‘intero nostro spettacolo: l‘episodio del sesto libro diventa la nostra chiave di lettura dell‘intero poema. Scendere negli inferi – per conoscere il punto di approdo del viaggio – vuol dire per noi avventurarsi nella parte più profonda e oscura, quella in cui sono contenuti i nostri desideri, le nostre ombre, le nostre estreme possibilità. Duemila anni fa l‘imperatore romano Augusto sentì la necessità di far coincidere l‘origine leggendaria di Roma con l‘origine della sua famiglia, come a voler rintracciare la propria identità in quella di Roma.
Duemila anni dopo, lo spettacolo, seguendo le tracce di Enea, ci invita a consultare la nostra personale Sibilla, a scendere nei nostri inferi, a dare un nome alle nostre personali tragedie, a compiere un viaggio per poter rintracciare le origini della nostra personale identità e collocarla all‘interno di una comunità più ampia.
Durata: 1h e 20 min circa
Destinatari: pubblico adulto / scuole secondarie di I e II grado
Foto di scena
Foto credits: Davide Cinzi